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lunedì 24 febbraio 2014

EVOLUZIONE COSMICA II - COSMOGENESI

Come detto in precedenza, la Cosmogenesi della Dottrina Segreta di H. P. Bavatsky, si sviluppa sullo studio delle Sette Stanze (capitoli) del "Libro di Dzyan".

Lo scopo di pubblicare un post dedicato alla Stanza I, non è certo quello di aggiungere note di studi comparati, o la presunzione di esternare nuove teorie o dissertazioni in merito, l'opera di Madame Blavatsky è talmente vasta e articolata che c'è materiale su cui riflettere per vite e vite. 
Quindi, l'intenzione è quella di invitarti ad affrontare insieme una narrazione arcaica, oscura, confusa, quasi incomprensibile. Quello che propongo è una sfida a noi stessi, con il proposito di superare le resistenze che per natura ci spingono sempre verso la via più facile, ma anche meno fertile, facendo uno sforzo oltre l'intelletto nel tentativo di tradurre in luce certe frasi che solo in apparenza sembrano prive di significato, per trovare e condividere una chiave d'interpretazione personale.
Leggo e rileggo gli sloka della Stanza, cerco tra le pagine del volume una frase, una parola, che possa riportare a livello del pensiero umano un'immagine di ciò che viene enunciato e avere un'idea più chiara.

E' nel proemio che trovo alcune affermazioni di Helena Petrovna Balavtsky che forse possono aiutare:

1) L'ASSOLUTEZZA: il Parabrahman dei vedantini o la Realtà Unica, SAT, che è, come dice Hegel, tanto l'Essere Assoluto quanto il Non-Essere.
2) Il Primo Logos: il Logos impersonale, e, in filosofia, l’Immanifestato, il precursore del Manifestato. Questo è la “Causa Prima”, “l’Inconscio” dei panteisti europei.
3) Il Secondo Logos: Spirito-Materia, Vita; “lo Spirito dell’Universo,” Purusha e Prakriti.
4) Il Terzo Logos: l’Ideazione Cosmica, Mahat o Intelligenza, l’Anima Universale del Mondo; il Noumeno Cosmico della Materia, la base delle operazioni intelligenti nella e della Natura, chiamato anche Mahâ-Buddhi.
La REALTÀ UNA; il suo aspetto duplice nell’Universo condizionato.

E ancora:

"L’Eternità dell’Universo in toto come un piano illimitato, che periodicamente è “il campo di innumerevoli Universi che si manifestano e spariscono incessantemente”, chiamati le “Stelle che si manifestano” e le “Scintille dell’Eternità”. 

Di seguito un poetico aforisma dice:

“L’Eternità del Pellegrino è come il battere di ciglia dell’occhio dell’Auto-Esistenza”, come la esprime il Libro di Dzyan. “L’apparizione e la sparizione dei Mondi è simile al flusso ed al riflusso regolare della marea”.

Dunque il Ciclo dell'Incarnazione o Ciclo della Necessità della Monade "Il Pellegrino".

Una riflessione per capire come tutto sia simbolico, appartenente a una sfera di astrazione insondabile con percezioni sensoriali fisiche e mentali. Quindi niente immagini o raffigurazioni per avvicinarsi a tutto ciò che non è, ma che è solo in potenza. Riconquistare lo stato dei "Figli di Dio", oltre la mente concreta, quello stato perduto dai figli dell'uomo, che appartengono alla materia nella sua manifestazione, potrebbe essere una chiave d'ingresso.

Un labirinto! 

To be continued

Ringrazio gli amici che in precedenza hanno posto domande e si sono interessati all'argomento.

Graziana Forzoni






mercoledì 19 febbraio 2014

EVOLUZIONE COSMICA - 1

Niente esisteva; né il cielo luminoso
Né l’immensa volta celeste al di sopra delle nostre teste.
Cosa vi era per coprire tutto? Per tutto proteggere?
Per tutto celare?
Era forse l’abisso insondabile delle acque?
Non esisteva morte — eppure niente era immortale,
Nessun limite fra il giorno e la notte;
L’Uno solo respirava senza Respiro, di per se stesso;
Dopo, niente altro vi fu all’infuori di lui.
Regnavano le Tenebre e tutto al princìpio era velato,
In un’oscurità profonda — oceano senza luce.
Il germe che dormiva ancora nel suo involucro
Sbocciò, quale natura una, sotto l’influenza
del calore ardente.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Chi conosce il segreto? Chi l’ha qui proclamato?
Da dove è sorta questa creazione multiforme?
Gli Dèi stessi vennero più tardi in esistenza.
Chi sa da dove è sorta questa immensa creazione?
Chi conosce ciò che le ha dato origine?
Se la Sua volontà creò o rimase muta,
Il più alto Veggente che è nei cieli
Lo sa — o forse nemmeno lui lo sa.
Spingendo lo sguardo nell’eternità….
Prima della fondazione del mondo
………………………………………
Tu eri. E quando la Fiamma sotterranea
Spezzerà la sua prigione e distruggerà la forma…
Tu sarai ancora come eri prima,
E non conoscerai Cambiamento quando il Tempo non sarà più.
O pensiero senza fine! divina Eternità!

Rig Veda (Colebrooke)

Le Sette Stanze - Il Libro di DZYAN


Il Libro di Dzyan, che costituisce la base sulla quale Helena Petrovna Blavatsky ha fondato la sua Dottrina Segreta, è il Libro della Saggezza, della Divina Conoscenza. Esso appartiene ad una serie di scritture dette Kiuti.
La storia dell’Evoluzione Cosmica, come è stata tracciata nelle Stanze è, per così dire, la formula algebrica astratta di quell’evoluzione.
Le Stanze quindi danno una formula astratta che può essere applicata, mutatis mutandis, a tutta l’evoluzione: a quella della nostra piccola terra, a quella della catena di pianeti di cui la nostra terra fa parte, all’universo solare al quale quella catena planetaria appartiene, e così via, in una scala ascendente, finché la mente vacilla e si arresta esausta per lo sforzo.
Le Sette Stanze rappresentano i sette termini di questa formula astratta; si riferiscono ai sette grandi stadi del processo evolutivo e li descrivono. Di essi si parla nei Purâna come delle “Sette Creazioni”, e nella Bibbia come dei “Giorni” della Creazione.

La Stanza I descrive lo stato dell’ UNO-TUTTO durante il Pralaya, anteriore alla prima vibrazione della Manifestazione in procinto di risvegliarsi.
Un istante di riflessione ci farà capire come di un simile stato possa essere dato soltanto un simbolo, essendo impossibile ogni descrizione. Inoltre, esso può essere simboleggiato solo negativamente, poiché, essendo lo stato dell’Assoluto per se, non può possedere nessuno di quegli attributi specifici che servono a descrivere gli oggetti in termini positivi. Quindi tale stato può essere soltanto indicato dalla negazione di tutti gli attributi più astratti che l’uomo sente, più che concepisce, come gli estremi limiti raggiungibili dal suo potere di concezione.

L’EVOLUZIONE COSMICA
da
LE STANZE DI DZYAN

Stanza I

1. L’ETERNA GENITRICE, AVVOLTA NELLE SUE VESTI ETERNAMENTE INVISIBILI, ERA
RIMASTA SOPITA ANCORA UNA VOLTA PER SETTE ETERNITÀ.

2. IL TEMPO NON ERA, POICHÉ GIACEVA DORMIENTE NEL SENO INFINITO DELLA DURATA.

3. LA MENTE UNIVERSALE NON ERA, POICHÉ NON VI ERANO AH-HI PER CONTENERLA.

4. LE SETTE VIE ALLA BEATITUDINE NON ERANO. LE GRANDI CAUSE DEL DOLORE NON ERANO, POICHÉ NON VI ERA ALCUNO PER PRODURLE ED ESSERNE IRRETITO.

5. LE TENEBRE SOLE RIEMPIVANO IL TUTTO ILLIMITATO, POICHÉ PADRE, MADRE E FIGLIO ERANO NUOVAMENTE UNO, ED IL FIGLIO NON SI ERA ANCORA RISVEGLIATO PER LA NUOVA RUOTA E PER IL SUO PELLEGRINAGGIO SU DI ESSA.

6. I SETTE SUBLIMI SIGNORI E LE SETTE VERITÀ AVEVANO CESSATO DI ESSERE, E L’UNIVERSO, FIGLIO DELLA NECESSITÀ, ERA IMMERSO IN PARANISHPANNA, PRONTO AD ESSERE ESALATO DA CIÒ CHE È, EPPURE NON É. NIENTE ESISTEVA.

7. LE CAUSE DELL’ESISTENZA ERANO STATE ABOLITE: IL VISIBILE CHE FU E L’INVISIBILE CHE É, RIPOSAVANO NELL’ETERNO NON-ESSERE, L’ESSERE UNICO.

8. SOLA, L’UNICA FORMA DI ESISTENZA SI ESTENDEVA ILLIMITATA, INFINITA, INCAUSATA, NEL SONNO SENZA SOGNI, E LA VITA PULSAVA INCONSCIA NELLO SPAZIO UNIVERSALE, ATTRAVERSO QUELLA ONNIPRESENZA, CHE É PERCEPITA DALL’OCCHIO APERTO DI DANGMA.

9. MA DOVE ERA DANGMA QUANDO L’ÂLAYA DELL’UNIVERSO ERA IN PARAMÂRTHA, E LA GRANDE RUOTA ERA ANUPÂDAKA?






giovedì 13 febbraio 2014

ESOTERICO Munch

Molto spesso utilizziamo parole convinti che il nostro interlocutore possieda la nostra medesima chiave di significato. Questo accade per quelle parole che a un certo punto entrano a far parte di un gergo comune, sia adottate per una moda o per definire varie linee di pensiero, molto vaghe, proprio per la varietà che le caratterizza. Ad esempio, il significato dei termini Esoterico e il suo opposto Essoterico, sono sempre associati a contesti adeguati? In merito alla domanda descrivo un fatto con il piacere di condividere con te, che sei qui con me, e credo interessi l'argomento tanto da essere disponibile per ampliare la discussione.

E' quasi l'ora del tramonto quando sono nel giardino della casa di campagna di Barbara, geniale pittrice e cara amica. Il panorama è suggestivo tra le colline Pisane mentre le nubi all'orizzonte si tingono di un rosso acceso e forse è quella veduta il motivo per cui la nostra discussione piuttosto sentita, sul come e quanto un'opera d'arte si possa definire tale, si concentra su "L'urlo di Munch". 
La cosa non mi sorprende affatto, anzi mi viene in mente che in questo periodo mi capita spesso di riflettere su quest'opera in particolare. Un filo di situazioni e rimandi mi spingono sempre a riconsiderare quel gesto. C'è qualcosa che mi sfugge? Cercando di capire, condivido con Barbara questa sensazione... e ora con te parte del nostro dialogo:

B - "Sicuramente credo che ci sia un significato sottile da comprendere, la ripetizione di argomenti o fatti di questo tipo spesso è dovuta alla difficoltà di recepire un messaggio profondo"

G - "… certo, l'intelletto pone mille ostacoli, e "L'Urlo"… quel grido è muto! La comunicazione non emerge, un po' come quando nel sogno capita di gridare ma la voce non esce e nessuno ti sente!"

B - "E' proprio il simbolo dello smarrimento che segna tutta la vita del pittore norvegese"

Avendo a disposizione un tablet, cerchiamo su Google… "Edvard Munch". 
Su Wikipedia troviamo quanto lui ha scritto nel suo diario:

"Mi ricordo benissimo, era l'estate del 1893. Una serata piacevole, con il bel tempo, insieme a due amici all'ora del tramonto. Cosa mai avrebbe potuto succedere? Il sole stava calando sul fiordo, le nuvole erano color rosso sangue. Improvvisamente, ho sentito un urlo che attraversava la natura. Un grido forte, terribile, acuto, che mi è entrato in testa, come una frustata. D'improvviso l'atmosfera serena si è fatta angosciante, simile a una stretta soffocante: tutti i colori del cielo mi sono sembrati stravolti, irreali, violentissimi. Anch'io mi sono messo a gridare, tappandomi le orecchie, e mi sono sentito un pupazzo, fatto solo di occhi e di bocca, senza corpo, senza peso, senza volontà, se non quella di urlare, urlare, urlare... Ma nessuno mi stava ascoltando: ho capito che dovevo gridare attraverso la pittura, e allora ho dipinto le nuvole come se fossero cariche di sangue, ho fatto urlare i colori. Non mi riconoscete, ma quell'uomo sono io. L'intera scena sembra irreale, ma vorrei farvi capire come ho vissuto quei momenti. Attraverso, l'arte cerco di vedere chiaro nella mia relazione con il mondo, e se possibile aiutare anche chi osserva le mie opere a capirle, a guardarsi dentro. "

G - "Guardarsi dentro… un significato esoterico…"

B - "Esoterico? che cosa intendi per esoterico? perchè il termine è troppo abusato… new age … chiromanti o simili… e il senso è vario!"

G - "Intendo dire che il grido muto è quello interiore, profondo e perpetuo, che non muore mai… è li dall'inizio del tempo e permane come una radice sepolta nelle viscere della terra, che non vediamo… ma di certo esiste… un parallelo esoterico in senso spirituale! Un concentrato di energia che manifesta se stesso e tutta la sua potenza di esistenza su di un'altro piano, essoterico. Cercando un'analogia con il nostro corpo fisico… direi che è qualcosa d'invisibile al suo interno, un piccolo seme di pura energia che collega il piano fisico a un'altra dimensione, in breve la radice della Vita! E come nell'opera, il luogo dove si svolge la scena è un ponte... il ponte del ritorno all'origine".

B - "Questa è una chiave di lettura che rende comprensibile il senso dell'angoscia, vedere la nostra natura per come è… riserva sempre delle sorprese e non sempre gradite!"

Guardiamo il risultato della nostra ricerca su Google, è l'immagine che appare sul display… i colori del tramonto perforano con violenza, la bocca spalancata emette una vibrazione che sconvolge e distorce il paesaggio, ma non il ponte, la via, l’unica speranza dell’uomo. 
Un percorso reso difficile dall'indifferenza di talune persone, come i due personaggi oscuri sullo sfondo che Munch definisce "amici"… perchè? Forse perchè sempre con lui, incubi o guardiani? Edvard Munch parla con un linguaggio drammatico carico dell’impotenza dell’uomo di fronte al mistero della natura, sottolineando quanto siamo piccoli ed inconsapevolmente... soli con noi stessi.
Graziana Forzoni

L'Urlo - Edvard Munch 1893




martedì 11 febbraio 2014

Argonauti Elettronici


Un cordiale saluto a te amico o amica, che navigando nell'immenso oceano elettronico, hai seguito la corrente fino a raggiungere questa piccola isola virtuale. Qui, non incontreremo mai il nostro sguardo, l'espressioni del volto, le nostre mani, ma possiamo senza dubbio condividere pensieri, emozioni e pareri. Per questo ti offro l'ospitalità che si riserva a una persona amichevole che arriva da molto lontano. Cordialità, un fuoco acceso sulla riva, attorno al quale riunirci per interrogarci sul senso della vita, cercando una risposta insieme. Dove siamo veramente in questo momento? Si tratta forse di un sogno? Un nostro sogno, individuale o comune… oppure siamo noi il soggetto del sogno scaturito dalla potente e sovrannaturale immaginazione creativa di un "Sognatore Altro" che origina questa nostra caotica esistenza?   


Nella speranza che la mia compagnia ti sia lieta, sappi che con immenso piacere sono pronta ad ascoltare le tue opinioni, qui e ora… in quest'attimo di eterno presente.

Graziana Forzoni

lunedì 10 febbraio 2014

KABALAH

CHE COS'E' L'ABISSO DI TUTTE LE COSE, dove non vi è creatura, ossia il NULLA abissale?

Nella cosiddetta colonna di mezzo, ovvero nella linea verticale che c'è tra Tiphereth e Kether si trova una Sephira che viene detta: "non Sephira ", chiamata Daath. Essa riguarda su quanto è estraneo - e pure in rapporto stretto, quasi in dipendenza - a tutto l'albero della vita; uno spazio che copre tutto l'aspetto misterioso, esoterico di questo studio. Questa "Sephira (anche qui) che non è Sephira" non è ciò che si può definire per tutte le altre Sephiroth un'energia, una forza, ma piuttosto "un posto", "un luogo" il quale, trovandosi in spazi che non sono quelli comuni, conosciuti della Materia, ma spazi della coscienza, non è neanche questo, come quelli, geograficamente localizzabile. In Daath c'è solo silenzio. Possiamo pensare alla frase dantesca collocata sull'ingresso, all'inizio del grande viaggio: "Lasciate ogni speranza, o voi ch'entrate ".
Questa frase viene interpretata normalmente come malaugurante, tetra, minacciosa tenuto conto di quanto succede, a "chi entra", subito dopo. Invece indica quello stato di coscienza per cui tutto il passato dev'essere irrimediabilmente cancellato per lasciar posto alla nuova serie di esperienze che iniziano un percorso che porta ad una Vita Nuova. Ciascuno deve cercare dentro di sé, nella parte più segreta, all'interno di sé, senza aver paura, senza indicazioni geografiche razionali, neanche intuitive, o fisiologiche o strutturali. Bisogna trovare il vero centro di sé, quel punto il più interno dell' interiorità dove il nome proprio sparisce, dove si perde ogni punto di appoggio gravitazionale. Là non si sente più niente. Non ci sono dimensioni o rapporti di grandezza, di importanza, di profondità. Tutto è ugualmente sparito. Tutto è assoluto silenzio ed immobilità. Vuoto.
(Kabalah)