Translate

giovedì 13 febbraio 2014

ESOTERICO Munch

Molto spesso utilizziamo parole convinti che il nostro interlocutore possieda la nostra medesima chiave di significato. Questo accade per quelle parole che a un certo punto entrano a far parte di un gergo comune, sia adottate per una moda o per definire varie linee di pensiero, molto vaghe, proprio per la varietà che le caratterizza. Ad esempio, il significato dei termini Esoterico e il suo opposto Essoterico, sono sempre associati a contesti adeguati? In merito alla domanda descrivo un fatto con il piacere di condividere con te, che sei qui con me, e credo interessi l'argomento tanto da essere disponibile per ampliare la discussione.

E' quasi l'ora del tramonto quando sono nel giardino della casa di campagna di Barbara, geniale pittrice e cara amica. Il panorama è suggestivo tra le colline Pisane mentre le nubi all'orizzonte si tingono di un rosso acceso e forse è quella veduta il motivo per cui la nostra discussione piuttosto sentita, sul come e quanto un'opera d'arte si possa definire tale, si concentra su "L'urlo di Munch". 
La cosa non mi sorprende affatto, anzi mi viene in mente che in questo periodo mi capita spesso di riflettere su quest'opera in particolare. Un filo di situazioni e rimandi mi spingono sempre a riconsiderare quel gesto. C'è qualcosa che mi sfugge? Cercando di capire, condivido con Barbara questa sensazione... e ora con te parte del nostro dialogo:

B - "Sicuramente credo che ci sia un significato sottile da comprendere, la ripetizione di argomenti o fatti di questo tipo spesso è dovuta alla difficoltà di recepire un messaggio profondo"

G - "… certo, l'intelletto pone mille ostacoli, e "L'Urlo"… quel grido è muto! La comunicazione non emerge, un po' come quando nel sogno capita di gridare ma la voce non esce e nessuno ti sente!"

B - "E' proprio il simbolo dello smarrimento che segna tutta la vita del pittore norvegese"

Avendo a disposizione un tablet, cerchiamo su Google… "Edvard Munch". 
Su Wikipedia troviamo quanto lui ha scritto nel suo diario:

"Mi ricordo benissimo, era l'estate del 1893. Una serata piacevole, con il bel tempo, insieme a due amici all'ora del tramonto. Cosa mai avrebbe potuto succedere? Il sole stava calando sul fiordo, le nuvole erano color rosso sangue. Improvvisamente, ho sentito un urlo che attraversava la natura. Un grido forte, terribile, acuto, che mi è entrato in testa, come una frustata. D'improvviso l'atmosfera serena si è fatta angosciante, simile a una stretta soffocante: tutti i colori del cielo mi sono sembrati stravolti, irreali, violentissimi. Anch'io mi sono messo a gridare, tappandomi le orecchie, e mi sono sentito un pupazzo, fatto solo di occhi e di bocca, senza corpo, senza peso, senza volontà, se non quella di urlare, urlare, urlare... Ma nessuno mi stava ascoltando: ho capito che dovevo gridare attraverso la pittura, e allora ho dipinto le nuvole come se fossero cariche di sangue, ho fatto urlare i colori. Non mi riconoscete, ma quell'uomo sono io. L'intera scena sembra irreale, ma vorrei farvi capire come ho vissuto quei momenti. Attraverso, l'arte cerco di vedere chiaro nella mia relazione con il mondo, e se possibile aiutare anche chi osserva le mie opere a capirle, a guardarsi dentro. "

G - "Guardarsi dentro… un significato esoterico…"

B - "Esoterico? che cosa intendi per esoterico? perchè il termine è troppo abusato… new age … chiromanti o simili… e il senso è vario!"

G - "Intendo dire che il grido muto è quello interiore, profondo e perpetuo, che non muore mai… è li dall'inizio del tempo e permane come una radice sepolta nelle viscere della terra, che non vediamo… ma di certo esiste… un parallelo esoterico in senso spirituale! Un concentrato di energia che manifesta se stesso e tutta la sua potenza di esistenza su di un'altro piano, essoterico. Cercando un'analogia con il nostro corpo fisico… direi che è qualcosa d'invisibile al suo interno, un piccolo seme di pura energia che collega il piano fisico a un'altra dimensione, in breve la radice della Vita! E come nell'opera, il luogo dove si svolge la scena è un ponte... il ponte del ritorno all'origine".

B - "Questa è una chiave di lettura che rende comprensibile il senso dell'angoscia, vedere la nostra natura per come è… riserva sempre delle sorprese e non sempre gradite!"

Guardiamo il risultato della nostra ricerca su Google, è l'immagine che appare sul display… i colori del tramonto perforano con violenza, la bocca spalancata emette una vibrazione che sconvolge e distorce il paesaggio, ma non il ponte, la via, l’unica speranza dell’uomo. 
Un percorso reso difficile dall'indifferenza di talune persone, come i due personaggi oscuri sullo sfondo che Munch definisce "amici"… perchè? Forse perchè sempre con lui, incubi o guardiani? Edvard Munch parla con un linguaggio drammatico carico dell’impotenza dell’uomo di fronte al mistero della natura, sottolineando quanto siamo piccoli ed inconsapevolmente... soli con noi stessi.
Graziana Forzoni

L'Urlo - Edvard Munch 1893




2 commenti:

  1. Questo quadro mi ricorda la casa di mia zia, ne aveva una copia nel tinello. La stanza aveva una piccola finestra che si affacciava nella vecchia piazza del paese, e al mattino la luce del sole penetrava solo per pochi minuti illuminando proprio l'Urlo. Sotto il quadro un mobile dell'ottocento di legno scuro stipato di libri, sul ripiano di marmo screziato alcuni ritratti incorniciati in piccoli porta foto di argento e ottone, quello che mi piaceva di più era quello di lei che la ritraeva all'età di circa trent' anni quando sotto la veranda di una casa colonica in stile inglese, immersa nel parco della Società Teosofica di Adyar in India, l'espressione del suo viso era raggiante mentre con lo sguardo obliquo leggermente si rivolgeva all'uomo seduto al suo fianco, un signore con abito di lino bianco. Credo che quella sia stata la sua esperienza "esoterica" perchè tutte le volte che chiedevo informazioni la sua risposta era sempre la stessa: "è tutto quello che non si può dire".
    Grazie per l'articolo, molto, molto bello.

    RispondiElimina
  2. Lisa, mi ricordo di aver parlato con te di questo durante un nostro incontro... e ripeto qui quanto ti confidai in quell'occasione... nel 2000 ho trascorso un mese nel Quartier Generale della Società Teosofica di Adyar... passeggiato nel parco, visitato la casa di Helena Petrovna Blavatsky, e non ci sono abbastanza parole per descrivere l'impressione dell'immensa biblioteca e dell'energia che pervade l'ambiente... un'esperienza unica... giusto come affermato da tua zia "è tutto quello che non si può dire"!

    RispondiElimina

Grazie per il tuo commento di condivisione